La vittimizzazione secondaria nella violenza di genere

Le persone vittime di violenza troppo spesso finiscono per subirla nuovamente nella risposta delle Istituzioni, nelle aule giudiziarie, nella rappresentazione della loro storia da parte dei media e attraverso i giudizi morali  e sociali sui social media da parte dei singoli individui. È la vittimizzazione secondaria della vittima che finisce per esporre la persona offesa a nuova violenza.

Nonostante la Convenzione di Istanbul, firmata dalla stessa Italia, raccomandi di evitare di sottoporre la vittima di un reato alla vittimizzazione secondaria e quindi a farle rivivere le condizioni di sofferenza e nonostante il nostro stesso ordinamento lo vieti, troppo spesso negli interrogatori delle forze dell’ordine, nei percorsi legali e sanitari e nelle aule giudiziarie la violenza viene mitigata, la vittima viene considerata corresponsabile della violenza fino a trasferire la responsabilità dei fatti criminosi su di lei. 
Le risposte delle istituzioni derivano da stereotipi, pregiudizi, mancanza di formazione e mancanza di raccordo e incomunicabilità tra tutti i soggetti che intervengono su un caso concreto.

Il 18 luglio 2022 c’è stata una storica vittoria grazie al ricorso presentato da Differenza Donna.
La Corte Europea dei Diritti Umani ha condannato l’Italia per aver violato gli articoli 2 (b)-(d) e (f), 3, 5 e 15 della CEDAW nei confronti di una donna già vittima di violenza domestica che aveva subito uno stupro da un agente delle forze dell’ordine incaricato delle attività di indagini in corso sul maltrattamento subito dall’ex marito.

Vi lasciamo il link ad un interessante articolo sulla vittimizzazione secondaria di genere scritto dalla Dott.ssa Giada Ranghi sulla rivista Il Controverso.

 

 

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